Verso la nascita di un Registro italiano per le piastrinopatie

È uno strumento utile per valutare l’impatto epidemiologico di queste malattie e indispensabile per aumentare l’accuratezza del percorso diagnostico-terapeutico

Lo scorso 15 settembre, con l’evento dal titolo “Piastrinopatie e Piastrinopenie congenite: quando sospettarle, come identificarle, quale terapia – Unmet needs e necessità di costituzione di un registro nazionale” svoltosi al Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma, sono state gettate le fondamenta per la costituzione di un Registro nazionale nel quale conglobare tutti i casi di pazienti affetti da forme ereditarie di malattie delle piastrine. Da allora sono passati più di due mesi e Osservatorio Malattie Rare – che era presente all’evento – ha ripreso contatto con gli organizzatori per capire come stia procedendo la realizzazione di un tale prezioso strumento.

LA STRADA VERSO IL PRIMO REGISTRO NAZIONALE

“Abbiamo formalmente presentato il progetto del Registro per le Piastrinopatie e Piastrinopenie congenite al Corso nazionale della Società Italiana di Emostasi e Trombosi (SISET), svoltosi a Foggia tra il 26 e il 28 ottobre”, precisa Erica De Candia, Professore Associato di Medicina Interna all’Università Cattolica del Sacro Cuore e Direttore dell’U.O.S. Piastrinopenie e Piastrinopatie congenite dell’IRCCS Fondazione Policlinico Universitario ‘Agostino Gemelli’ di Roma. “Il centro Studi e Ricerche della SISET ha supportato il progetto stabilendo un finanziamento per dare avvio alla costituzione del registro e istituire un database nel quale tutti i centri interessati possano inserire i dati dei pazienti con queste patologie. È un passaggio che esprime la precisa volontà di formare una Rete nazionale di centri esperti e interessati a aumentare la consapevolezza sulle piastrinopatie e piastrinopenie congenite”. L’argomento è dunque destinato a restare sulla bocca dei partecipanti ai prossimi convegni di ematologia e di emostasi e trombosi che si svolgeranno nei principali centri ospedalieri d’Italia: gli obiettivi sono di arruolare il maggior numero di pazienti con caratteristiche rispondenti al progetto e di entrare in relazione con gli altri Registri europei esistenti, nell’intenzione di giungere alla creazione di un più ampio Registro europeo su queste rare malattie. “Attualmente, siamo ancora in fase di organizzazione e raccolta delle informazioni necessarie a capire come strutturare il nostro registro”, continua De Candia. “Ma con l’aiuto del Sen. Orfeo Mazzella [Commissione X “Affari Sociali, Sanità, Lavoro Pubblico e Privato, Previdenza Sociale”, N.d.R.] vogliamo organizzare una conferenza stampa al Senato su questo tema a cui parteciperà una rappresentanza di medici insieme a Marco Dalu, presidente dell’Associazione Italiana Tromboastenia di Glanzmann (AITG)”.

Proprio il senatore Mazzella, intervenuto alla scorsa edizione del Premio OMaR, ha ribadito l’enorme valore dei registri di malattia per migliorare la presa in carico dei malati.

Un concetto evidenziato anche dalle parole di Paolo Gresele, Professore Ordinario di Medicina Interna all’Università degli Studi di Perugia che, insieme alla professoressa De Candia, sta collaborando alla realizzazione del progetto. “Numerosi sono i dati della letteratura scientifica che dimostrano come l’aumento di attenzione e conoscenza nei confronti di una malattia rara abbia contribuito a migliorarne la diagnosi”, afferma. “Un recente studio sulla registrazione dei casi clinici nel Registro dei centri inglesi per l’emofilia ha evidenzio che, negli ultimi 10 anni, l’annotazione delle forme ereditarie del difetto piastrinico è aumentata del 165% a fronte di un incremento dell’8% dei casi di emofilia e del 10% di quelli della malattia di Von Willebrand. Questo perché è stata promossa un’azione per far crescere la cultura su queste malattie, con il risultato di consentire l’identificazione di tutte le forme che in passato sfuggivano alla diagnosi e la loro segnalazione in un database nazionale. Quest’ultimo non serve unicamente ad avere idea dell’impatto epidemiologico della malattia ma contribuisce ad aumentare la sensibilità del percorso diagnostico-terapeutico”. Infatti, conoscendo la diagnosi, la gestione del paziente migliora e il trattamento diventa più preciso. “A molti pazienti in passato sono state poste diagnosi erronee, magari di trombocitopenia su base autoimmune anziché ereditaria”, prosegue Gresele. “Questo ha determinato il ricorso a trattamenti inappropriati che non risolvevano il problema ma creavano invece effetti collaterali pericolosi per la salute del paziente”.

PIASTRINOPATIE E PIASTRINOPENIE CONGENITE

Ma qual è la differenza tra piastrinopatie e piastrinopenie ereditarie? La domanda che a questo punto alcuni lettori si saranno posti costituisce di per sé un’ulteriore prova della necessità del Registro. “I disordini piastrinici ereditari – cioè quelli che interessano le piastrine, elementi fondamentali del processo coagulativo – vengono convenzionalmente classificati in piastrinopenie ereditarie e disordini funzionali piastrinici ereditari, a seconda delle caratteristiche preminenti delle singole forme: cioè se a prevalere nel quadro clinico è la riduzione del numero di piastrine o il difetto della loro funzione”, puntualizza Gresele. “Il trattamento nei due casi può essere molto diverso. In caso di riduzione del numero di piastrine l’approccio standard è di ottenere un aumento di tale numero in tutte le condizioni in cui sussista il rischio di emorragia, ad esempio durante un intervento chirurgico. Tale obiettivo è raggiungibile con le trasfusioni di piastrine oppure – specie in alcuni specifici disordini piastrinico-ereditari – con l’utilizzo di agonisti del recettore della trombopoietina (TPO), farmaci che vengono utilizzati nelle piastrinopenie acquisite su base immunologica ma sono efficaci anche nelle forme ereditarie”. Nel caso, invece, di disturbi che inficino la funzionalità delle piastrine si utilizzano farmaci per potenziare l’emostasi, tra i quali è incluso il fattore VII attivato ricombinante, che trova ampio riscontro nel contrasto alle emorragie da difetti del sistema coagulativo come l’emofilia.

“Le piastrinopenie congenite [in Italia hanno una prevalenza stimata di 2,7/100.000 abitanti, N.d.R.] sono relativamente facili da diagnosticare perché riconosciute tramite l’esame dell’emocromo il quale identifica immediatamente la riduzione della conta piastrinica”, puntualizza De Candia. “Il problema è che spesso non viene identificata la natura congenita della piastrinopenia ed essa viene, invece, trattata come una forma autoimmune esponendo in maniera inappropriata i pazienti a trattamenti immunosoppressivi”. La difficoltà a riconoscere la natura congenita della malattia è dovuta alla scarsa conoscenza di queste forme non solo tra i medici di medicina generale ma sempre più anche tra gli ematologi e i clinici esperti di emostasi e trombosi. “Invece, nel caso delle piastrinopatie”, continua De Candia, “la difficoltà di individuare i difetti congeniti della funzionalità piastrinica è legata alla limitata disponibilità della strumentazione necessaria per la diagnosi. Servono esami specialistici e non tutti i centri di ematologia sono in grado di eseguirli e interpretarli correttamente. I pazienti con piastrinopatia congenita soffrono di emorragie e, per questo loro problema, si rivolgono agli ambulatori ospedalieri di ematologia dove vengono svolti gli esami per indagare la fase plasmatica della coagulazione che, nel loro caso specifico, non chiariscono la natura del problema”. Mancano dunque test di routine per identificare il difetto della funzione piastrinica. “E se il clinico non sospetta questa forma di malattia e non invia il paziente presso un centro di riferimento la diagnosi non potrà essere posta”, aggiunge De Candia. “Perciò occorre contribuire alla formazione della classe medica affinché il sospetto diagnostico possa consentire al clinico di inviare il paziente presso un centro in grado di effettuare gli esami specifici per l’identificazione della piastrinopatia”.

PROMUOVERE UNA MAGGIOR CONOSCENZA DELLE PIASTRINOPATIE E PIASTRINOPENIE CONGENITE

Oltre a migliorare lo stato delle competenze su queste patologie della coagulazione, la costituzione di un Registro serve ad ottenere una capillare distribuzione delle risorse sul territorio e potrebbe fare da piattaforma per lo sviluppo di percorsi diagnostico-terapeutico assistenziali (PDTA) con cui migliorare il cammino dei pazienti.

“Le piastrinopenie congenite in tanti casi sono forme isolate, non rilevanti dal punti di vista clinico”, sottolinea De Candia. “Ma devono esser riconosciute e inquadrate perché esistono anche forme che si associano a difetti della funzione piastrinica e producono manifestazioni emorragiche piuttosto gravi. Altre ancora si associano a patologie con coinvolgimento di vari organi e apparati: sono forme che predispongono a patologie ematologiche maligne, perciò il riconoscimento di una storia famigliare può portare a un’adeguata prevenzione dello sviluppo di tale patologia maligna”. Non mancano neppure le forme legate a malformazioni scheletriche, alla cataratta congenita, alla sordità neurosensoriale precoce o a un’alterata funzionalità renale che può esigere un trattamento dialitico o il trapianto di rene. “Un adeguato riconoscimento delle forme legate a patologie di tali organi può portare a una corretta gestione delle problematiche cliniche”, precisa De Candia. “Ad esempio, la gestione dell’insufficienza renale è un punto cruciale che richiede un trattamento farmacologico precoce per evitare di arrivare rapidamente alla forma terminale”.

Inoltre, per alcune piastrinopatie e piastrinopenie congenite è stata dimostrata una correlazione genotipo-fenotipo, con certe mutazioni genetiche associate a una rapida e grave evoluzione delle manifestazioni sindromiche. “Contare su un inquadramento clinico esatto e su una diagnosi precisa significa avere una prognosi e mettere in atto misure di profilassi che rallentino quantomeno l’evoluzione della malattia”, afferma Gresele. “La diagnosi genetica, in particolare, è obbligatoria nei casi in cui esista una correlazione genotipo-fenotipo, dal momento che permette di avere una valutazione prognostica del possibile coinvolgimento d’organo e di fare prevenzione. Nel caso delle forme che possono evolvere in malattia ematologica maligna è necessario anticipare il passaggio della diagnosi genetica e stabilire un percorso di vigilanza attento, predisponendo a priori la selezione di adeguati potenziali donatori per il trapianto di midollo che sarà messo in atto al momento di un’evoluzione maligna della malattia”.

FARE RETE, COL SOSTEGNO DELLE ASSOCIAZIONI

Rimane fondamentale la condivisione dei dati raccolti nel Registro affinché il livello di conoscenze sulla malattia possa innalzarsi, a tutto vantaggio dei pazienti e delle loro famiglie, continuamente bisognose di condivisione degli aggiornamenti sulla malattia. “All’interno delle associazioni, i malati si sentono accolti e ricevono preziose informazioni per la gestione della loro patologia”, affermano in conclusione De Candia e Gresele. “Inoltre, il contributo delle associazioni è fondamentale per sensibilizzare i decisori politici circa l’importanza di garantire adeguata assistenza ai malati e rendere chiaro l’impatto della malattia sulla loro qualità di vita”.

Lo stesso Marco Dalu – che insieme a De Candia e Gresele appoggia con energia la costituzione di un Registro sulle piastrinopatie e piastrinopenie ereditarie – sta pensando di allargare i confini della sua associazione per dare un punto di riferimento a quanti sono affetti da situazioni cliniche diverse ma accomunate da una patologia piastrinica. Allargare l’associazione in maniera tale da dare una rappresentanza a un numero maggiore di pazienti è un atto significativo quanto quello di realizzare un Registro di patologia da cui cominciare a lavorare per migliorare la qualità di vita dei malati.

Articolo pubblicato in data 08 Gennaio 2024 da Enrico Orzes – link all’articolo originale.

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